VIVERE A PIENO COME CURA
Sembra una frase da “coach” … ma, in realtà, è un concetto medico di grande modernità.
E’ il futuro della medicina e, soprattutto, della medicina sostenibile. E’ il futuro della salute delle persone e del mondo.
Lascia che ti spieghi.
Quando compare un sintomo ci sono sempre due strade che si possono percorrere: vivere in parte (in modo che il sintomo non si manifesti) oppure vivere a pieno (in modo da andare oltre il sintomo stesso). Scegliere una via o l’altra non è un fatto di giusto o sbagliato, bene o male, moderno o desueto.
Scegliere una via o l’altra è spesso un fatto di circostanze. Tuttavia, sapere che le vie sono due e non una soltanto, aiuta a ricordarsi che si può scegliere, anzi, che si sceglie … sempre.
COSA INTENDO PER VIVERE A PIENO O VIVERE IN PARTE
Immaginiamo una persona che ama correre. Corre per passione, corre tutti i giorni. Improvvisamente compare un dolore al ginocchio che si manifesta solo quando corre. Questa persona ha due possibilità di scelta:
- Vivere in parte: evitare di correre, dal momento che se non corre il male al ginocchio non si manifesta
- Vivere a pieno: imparare a correre meglio così che il male al ginocchio non si manifesti
(L’ho sperimentato personalmente … grazie anche agli spunti di Chi Running)
Se si sceglie di vivere in parte si fa dell’EVITAMENTO il proprio imperativo. Al contrario, se si sceglie di vivere a pieno si fa dell’AFFRONTARE la propria arte.
Stesso risultato finale, diverso modo di ottenerlo. (Solo che nella vita conta molto anche il modo oltre al risultato!)
Quale via scegliere e soprattutto come scegliere … è quello di cui vorrei parlare.
IL SINTOMO COME SPIA E COME FUNZIONE SPECIALE
Prima di domandarci quale possa essere la via della cura più adatta penso sia utile domandarci: cosa è un sintomo?
Troppo spesso, infatti, si cade nel tranello di correre alla soluzione prima di avere ben definito i termini della situazione. (Io per primo!)
Dunque cos’è un sintomo?
Il sintomo è l’espressione di un corpo o di una mente
che stanno toccando i propri limiti.
A volte il sintomo compare perché corpo e mente sono stanchi e la soglia di comparsa del sintomo si abbassa ed è più facile raggiungerla. Altre volte invece compare perché corpo e mente sono richiesti di dare più di quanto possano sostenere e la soglia, seppur alta, viene oltrepassata.
Il sintomo è un po’ come una spia che si accende per avvertire che si sta vivendo in modo non sostenibile. Se si continua si decide di usurare il motore e nessuno sa se i danni saranno poi riparabili.
LA FINEZZA DEL NOSTRO ORGANISMO
L’essere umano è un organismo molto raffinato. Così raffinato che prima di cedere e smettere di funzionare in toto o in parte comincia a farsi sentire.
Con i sintomi si può ancora vivere, ma non come prima.
Si fa quello che si faceva prima, ma con maggiore fatica. Si pensa quello che si pensava prima, ma con minore fluidità. È come se un’automobile potesse decidere, finito il carburante, di cominciare a bruciare se stessa per continuare a correre alla velocità desiderata. Non è sicuro se raggiunta la meta l’auto potrà essere riparata e soprattutto non è sicuro se raggiungerà la meta, … ma può tentare.
Il sintomo, dunque, è una reazione sensata. È il modo con cui mente e corpo ci avvertono che stiamo toccando il fondo.
IL DILEMMA: FERMARSI O ANDARE AVANTI, VIVERE IN PARTE O VIVERE A PIENO?
A questo punto, davanti al sintomo, si apre il dilemma. Cosa scegliere: fermarsi o andare avanti? Vivere in parte o vivere a pieno?
Penso ad un padre o ad una madre che, nonostante il sintomo li avverta che stanno consumando se stessi, decidono di andare avanti ancora un po’ per mantenere i figli che si avviano ad una vita autonoma. Penso ad un uomo o una donna con una responsabilità o un sogno che decidono di spendere un altro po’ della propria vita per raggiungere il traguardo, anche in presenza di sintomi.
Sono i pazienti che vedo tutti i giorni in ambulatorio. Dietro ogni persona che soffre un sintomo … c’è una storia.
Cosa si può dire di costoro? Sbagliano a procedere ancora un po’?
Se sanno quello che stanno “spendendo”, hanno fatto una scelta e le scelte hanno sempre un senso dal punto di vista di chi le fa.
Da medico sono stato educato a pensare che le persone non sono “consapevoli” di quello che stanno “rischiando”. Dunque le persone non scelgono! Ma è veramente così? E se fosse così … che fare davanti ad una persona che soffre? Che fare se siamo noi stessi quelli che soffriamo?
Riflettiamo.
RENDERSI CONTO DEL RISCHIO
Osservo situazioni come quelle di cui sopra tutti i giorni in ambulatorio. E mi rendo conto che non posso certo dire che chi compie queste scelte sbaglia, né che ha ragione. Un medico dovrebbe evitare di farlo, non per deontologia, ma perché sa meglio degli altri che il libero arbitrio è … una chimera, ma al tempo stesso un diritto (e un dovere).
Non scegliamo mai in completa autonomia e liberi da condizionamenti, ma … al tempo stesso … non possiamo che vivere pensando di scegliere in modo autonomo e libero da condizionamenti.
Quello che posso domandarmi quando osservo le persone è:
Si sono resi conto che stanno raschiando il fondo?
Come giocatori di poker mettono sul piatto una loro funzione o una parte del loro corpo. Se ne sono resi conto? E se sei tu a soffrire o io … ce ne siamo resi conto?
NON E’ UN FATTO DI CONSAPEVOLEZZA … MA DI STRATEGIA
Sarò sincero.
La mia esperienza mi dice che la consapevolezza non basta. Talvolta è un ottimo inizio, ma non basta!
E qui parlo di sintomi veri …
Alcune persone vengono in studio e mi dicono: “So già cosa dovrei fare per risolvere il mio problema di salute! Ma al momento non posso farlo. Chiedo aiuto per tenere duro ancora un po’!”.
Altre persone vengono in studio e mi chiedono “Dottore mi aiuti a risolvere il problema di salute che mi è venuto!”.
I primi sanno … i secondi non sanno. I primi sono responsabili … i secondi si sentono vittime.
Ma poco importa … infatti per entrambi il tema è come proseguire. Entrambi sono su una strada “disfunzionale”. E per entrambi … rimangono aperte due possibilità di scelta:
- Vivere in parte
- Vivere a pieno
CHE TU SAPPIA O NON SAPPIA DOVRAI SCEGLIERE CHE STRADA PRENDERE
Che tu sappia o non sappia quello che conta è che dovrai scegliere in che direzione cambiare.
Vale anche per me … quando mi trovo davanti i miei sintomi. Anche se so (e ho il destino di sapere davvero parecchio) devo scegliere.
Osservare non basta!
Colui che sa di star scommettendo la vita per assolvere ad un dovere o realizzare un sogno, a volte non sa che potrebbe ottenere gli stessi risultati in modo diverso. Come un maratoneta corre pensando che il modo in cui corre sia l’unico.
Quando riesco a fargli percepire o sperimentare che ci sono altri modi … allora si rende conto che il punto non è abbandonare il campo o perseverare nella battaglia, ma continuare a combattere in modo diverso.
Colui che non sa di star scommettendo la vita per assolvere ad un dovere o realizzare un sogno, subisce i problemi di salute. Le malattie e i sintomi “vengono”!
Quando riesco a fargli percepire e sperimentare che le malattie e i sintomi “vengono”, ma sono in parte (più o meno grande) influenzati da noi a seconda di come viviamo la nostra vita, si rendono conto che ci sono altri modi per liberarsene o gestirli. Il destino da subire … diventa una possibile battaglia da combattere o un gioco da giocare.
E la prima cosa da apprendere è l’arte della guerra o della costruzione della pace.
UNA NUOVA MISSIONE PER LA MEDICINA: EDUCARE ALL’ARTE DELLA CURA
Così la medicina sembra raccogliere oggi una nuova missione, per il futuro: Educare all’arte della cura.
E l’arte della cura prevede due possibili vie:
- L’arte di vivere in parte ossia l’arte di evitare … di accontentarsi.
- L’arte di vivere a pieno ossia l’arte di affrontare … di giocarsela.
Vivere a pieno è un’opzione. Non sempre è la scelta migliore per tutti. Ho scritto questo articolo perché vorrei che molti sapessero che esiste anche questa strada.